Al Pd serve un congresso vero, no al candidato unico
Una mia riflessione sul congresso Pd:
Dopo la candidatura di Zingaretti e l’annuncio di Renzi che non parteciperà alle primarie c’è già un’aria fra i giornalisti che oscilla fra il rassegnato e la perdita di interesse. Sembra, dunque, essere un congresso già segnato. Senza storia. Un congresso quasi “unitario” a candidato unico che ripropone l’ennesima “gazebata”. Sarebbe un errore clamoroso. Forse definitivo per il PD. Questo congresso non è necessario solamente per eleggere un segretario, anche se serve ovviamente anche a questo. Ma è fondamentale per definire una linea politica, per mettere in campo visioni del futuro e della società italiana ed europea da qui a dieci anni. Un modello di società da proporre agli italiani e da opporre al modello Salvini/DiMaio. Una proposta sociale e politica necessaria, che non può essere sostituita dall’ennesimo finto unanimismo condito dal richiamo a parole d’ordine di un passato non proprio felice. Il 4 marzo ha cambiato definitivamente la politica italiana. Non elaborare una risposta organica al pensiero grilloleghista oggi imperante può voler dire che non saremo noi l’alternativa. Non è sufficiente che questo governo non si riveli all’altezza delle aspettative che ha creato perché l’elettorato torni a guardare con fiducia a noi. Serve un progetto credibile di domani, una narrazione che infonda fiducia e speranza. L’idea del paese che vogliamo. Se non riusciamo in questa missione ci assumeremo una responsabilità storica ancora più grande di quella del 4 marzo. Per me, comunque, si deve ripartire nella nostra proposta sempre da due punti imprescindibili: lavoro e equità. Andiamo avanti con un congresso vero.
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